
Il galoppo è bandito, si suda solo nei bagni turchi. Al netto della vocazione equestre all’ombra di San Siro — peraltro testimoniata dall’incombenza a poche centinaia di metri dell’ippodromo La Maura — alle ex scuderie De Montel l’unica eredità lasciata in dote dai purosangue lì di casa 50 anni fa è una porta di legno che conduceva a una vecchia stalla e che ora si spalanca su una delle dieci vasche del parco termale urbano più grande d’Italia. Più che di ornamento trattasi di reliquia: là dove una volta si stagliava il fienile adesso c’è una cascata, ad accogliere all’ingresso 700 clienti che già dai primi metri potranno respirare oli essenziali in luogo dell’afrore dei cavalli che un tempo permeava l’ambiente.
La data segnata in rosso è il 1 aprile, quando calerà il sipario su uno dei più significativi — e onerosi — interventi di riqualificazione conservativa di Milano, volto a riportare allo splendore della Belle Époque l’architettura dei gioielli liberty progettati dall’architetto Vietti Violi, abbandonati a se stessi nel secondo dopoguerra e assurti negli anni 80 a emblema di un degrado di cui si sarebbe intravista la fine solo nel 2007. Merito in primis del ripristino della storica sorgente termale a 396 metri di profondità, motrice di quello che ora si appresta a diventare l’unico parco milanese con acqua pescata in loco; e poi del bando Reinventing cities del 2017, sotto l’egida della rete di città «C40», per convertire in un quadro di efficienza e sostenibilità aree pubbliche dismesse.
Al netto della milanesità evocata dalle torri del Meazza e dalle residenze Ascot costruite dal gruppo Ligresti che sovrastano il panorama — i cui residenti, a parte agevolazioni e sconti previste per over 65 e persone con disabilità in grado di abbattere i 70/80 euro di biglietto parrebbero identificare il target ideale della clientela — l’interno tende a ispirarsi ai convivi della Roma che fu: e allora spazio a dieci vasche divise su percorsi ai vari livelli, bacini d’acqua ipersalina dagli effetti di galleggiamento simili a quelli del Mar Morto, una sala con piastre per riproporre effetti temporaleschi e una sauna in legno di pino cembro per attivare la respirazione diaframmatica. E poi hammam, bagni di vapore e quindici cabine per trattamenti e massaggi.
«Abbiamo effettuato un rigoroso restauro filologico sotto il controllo della Sovrintendenza. Inoltre tutta la struttura è a zero emissioni», puntualizza Massimo Caputi, presidente di Terme & Spa Italia, gestrice del centro e partner di un progetto finanziato dal fondo infrastrutture per la crescita di Azimut sgr, proprietaria dell’infrastruttura — che ne ha investito 57 milioni per l’acquisizione e riqualificazione —, coordinato dallo storico architetto sestese Giancarlo Marzorati, mancato lo scorso dicembre senza aver potuto ammirare l’inaugurazione della sua opera. «Forniremo lavoro a 150 dipendenti, tra diretti e indiretti — prosegue Caputi —, intendiamo attirare 300 mila persone all’anno. Questo parco intende contribuire alla destagionalizzazione del turismo milanese, stiamo anche lavorando per allestire spettacoli e mostre d’arte negli spazi esterni. Sarà un nuovo polo d’interesse per una città da sempre simbolo di cultura, moda e ristorazione. Le mancava solo il benessere».
Sedicimila i metri quadri di superficie; 6 mila interni e 10 mila tra parco e corte: qui sono stati piantumati 3500 alberi; e altrettanti ne sorgeranno entro 10 anni nelle aree limitrofe. «Si tratta di un intervento che unisce benessere, inclusione e sostenibilità — spiega l’ad di Azimut sgr Andrea Cornetti — contribuendo alla rigenerazione di una zona fondamentale per la città». Col restauro di una nuova tessera nel (diversamente colorato) mosaico di San Siro.
Articolo di Alessio Di Sauro, Il Corriere della Sera